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Comunicato Stampa

COMUNICATO STAMPA: PKU&Noi 2025

09 Luglio 2025

Fenilchetonuria, Alberto Burlina: “Dalla dieta ai nuovi farmaci, il futuro del trattamento è nella combinazione terapeutica”

Approvato l’uso di sepiapterina dall’EMA, già in fase di studio avanzato JNT-517 per la terapia renale, che tra qualche tempo si aggiungerà agli strumenti terapeutici.

Milano, 9 luglio 2025 – PKU&Noi, giunto alla sua V edizione, è l’evento divulgativo che si svolge ogni anno in occasione del PKUDay (28 giugno) e che ha il compito di sensibilizzare sulla fenilchetonuria, una malattia metabolica rara, autosomica recessiva, che interessa più di 50.000 persone nel mondo e che in Italia viene diagnostica a 1 bambino ogni 10.000 nati, grazie allo screening neonatale possibile nel nostro Paese dal 1992. Quest’anno l’attenzione è stata posta su tre temi. Il primo, le novità terapeutiche: oltre al pegvaliase, tra gli strumenti farmacologici si aggiungono la sepiapterina recentemente approvata da EMA, e tra qualche tempo la terapia renale con JNT-517, già in fase di studio avanzato. Gli altri due temi hanno trattato di sessualità e contraccezione, e della gravidanza.  

Sulle novità terapeutiche, il Professor Alberto Burlina, Direttore della UOC Malattie metaboliche ereditarie, del Centro regionale malattie metaboliche ereditarie della Regione Veneto e del Programma regionale screening neonatale allargato per le malattie metaboliche ereditarie dell’AOU di Padova, ha lanciato un messaggio che non lascia adito a fraintendimenti: «Per gestire al meglio la PKU, soprattutto in età adulta, serve una combinazione di terapie, dalla dietoterapia a una o più terapie farmacologiche. Perché il nostro obiettivo è tenere bassi i valori di fenilalanina, in quanto, se elevati, possono essere tossici per il cervello causando disturbi neurocognitivi, comporamentali e diminuzione della qualità di vita. La vera rivoluzione è poter contare su più strumenti terapeutici, perché ogni persona è a sé. E questo vale per ogni patologia cronica, dal diabete alla PKU». A oggi sono disponibili quattro terapie per la PKU: la terapia dietetica, quella con amminoacidi neutri, la terapia farmacologica per via orale che può essere declinata con sapropterina e sepiapterina, e la terapia enzimatica con modificazione del substrato che è rappresentata dal pegvaliase.

Cosa sappiamo sull’utilizzo in questi quattro anni del pegvaliase, la terapia enzimatica che può essere assunta dai 16 anni in su tramite iniezione da chi ha fenilchetonuria classica e che non ha risposto alla terapia farmacologica e/o che ha rifiutato un approccio di tipo dietetico? «I risultati sono molto buoni. Un nostro recente studio pubblicato sul European Journal of Neurology, ha dimostrato che alcuni pazienti dopo due anni di trattamento con pegvaliase hanno raggiunto la normalizzazione dei livelli di fenilalanina e il miglioramento di alcuni test neurocognitivi. In più, in alcuni pazienti che avevano una risonanza magnetica alterata, si è vista una normalizzazione, e ciò significa che in tutti i pazienti ci può essere la reversibilità del quadro neurologico», afferma Burlina, ma c’è un però. «I tempi per vedere gli effetti di questa terapia sono molto lunghi. La terapia necessita di una fase di adattamento lunga e non priva di rischi quali  cefalea e dolori agli arti, e in alcuni, seppur rari, casi di shock anafilattico. Ma possono essere gestiti, gestendo attentamente e personalizzando la terapia. Nella mia esperienza, tutti i pazienti non hanno presentato problemi tali da sospendere la terapia

L’arrivo della sepiapterina apre un’altra strada: “Fino a poco tempo fa, avevamo la sapropterina. E ora è arrivata la sepiapterina, che è il precursore attivo della prima. Dal punto dell’efficacia, quest’ultima entra direttamente a livello cellulare. La sepiapterina non ha limiti di età per l’assunzione, ed essendo una formulazione in polvere viene assunta diluita per via orale. È un farmaco di nuova generazione che agisce come cofattore BH4, È più potente e selettiva rispetto alla sapropterina. L efficacia sembra elevata e in circa nel 60% dei pazienti c’è stata una diminuzione della fenilalanina superiore al 20%. Questo significa che noi possiamo aumentare la tolleranza alla fenilalanina con  cibi naturali. Ma non pensiamo, come abbiamo fatto per molti anni che sia un’alternativa alla terapia dietetica: lo sarà per alcuni, ma per altri potrà essere associata”, ha dichiarato il professor Burlina. E gli effetti collaterali? «Un iniziale mal di pancia, una colorazione transitoria dei denti di color arancione, che sparisce con un po di dentrificio e spazzolino

Altro farmaco in studio avanzato è JNT-517, la terapia renale. Come agisce nel controllo della fenilanina? «Parlare di così tanti farmaci, oggi, è un elemento molto positivo. Fino a poco tempo fa, per la PKU non avevamo molti strumenti terapeutici», premette Valentina Rovelli, Responsabile dell’Equipe Malattie Metaboliche Congenite della S.C. di Pediatria dell’Ospedale San Paolo di Milano, ASST Santi Paolo e Carlo, Università di Milano, Centro di Riferimento Regionale per le iperfenilalaninemie/PKU biochimiche e genetiche. «JNT-517 è un inibitore del trasportatore renale responsabile del riassorbimento della fenilalanina nel tubulo prossimale. In condizioni fisiologiche, la fenilalanina (Phe) filtrata dai reni viene in gran parte riassorbita, contribuendo a mantenerne i livelli plasmatici elevati nei pazienti con PKU. Questo farmaco agisce inibendo in modo selettivo quel trasportatore, favorendo quindi l’escrezione urinaria della Phe e contribuendo a ridurne la concentrazione nel sangue. È una modalità d’azione completamente nuova, indipendente dall’enzima fenilalanina idrossilasi», spiega Rovelli. Quali i vantaggi? «Per adolescenti e adulti che faticano a mantenere un buon controllo dietetico potrebbe rappresentare un’opzione meno invasiva, più facile da gestire, con un impatto positivo su qualità di vita e aderenza al trattamento. La molecola è in formulazione orale, con un’assunzione quotidiana. Questo rappresenta un ulteriore vantaggio in termini di praticità, soprattutto se confrontata con altre terapie farmacologiche che richiedono somministrazioni sottocutanee o controlli più complessi». Ma permetterebbe di sospendere la dietoterapia, nel caso? «Al momento, è prematuro. È più realistico pensare a una riduzione della rigidità della dieta, in base alla risposta individuale al farmaco. Come già accade con le terapie attuali, l’obiettivo è personalizzare il trattamento, rendendolo più sostenibile nel lungo periodo. Ogni paziente risponde in modo diverso, quindi il percorso andrà sempre adattato e monitorato. Anche perché il farmaco, agendo sul rene, chiederà di valutare il bilancio degli aminoacidi e dei nutrienti eliminati con le urine: dovremo assicurarci che non vengano eliminate quantità significative di aminoacidi essenziali, per evitare la perdita non solo della fenilalanina, ma anche di triptofano, che potrebbe influenzare la sintesi della serotonina con potenziali ripercussioni sul tono dell’umore. Ma tutti questi aspetti sono ancora oggetto di studio», afferma Rovelli.

Quali gli effetti della PKU sulla salute riproduttiva della donna che è interessata da questa malattia rara? Ne ha parlato

Valeria Savasi, professore associato di Ostetricia e Ginecologia all’Università degli Studi di Milano e Diretto della UOC Ostetricia e Ginecologia Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi, ricordando prima di tutto che la pillola contraccettiva non presenta controindicazioni per le donne con PKU, e che gli accorgimenti da avere sono quelli dati a tutta la popolazione femminile: non fumare, fare attività fisica e non prendere peso in eccesso. Ma la fenilchetonuria può incidere sulla fertilità di una donna? «La fertilità non riguarda solo della donna, riguarda la coppia. Premesso questo, va detto che non ci sono moltissimi dati scientifici sul tema. Ma i dati disponibili ci dicono che non esiste un legame diretto tra la patologia e la riduzione della fertilità, sempre mantenendo un controllo metabolico adeguato». Un altro dubbio delle donne con PKU riguarda la possibilità di andare in menopausa anticipata: come stanno le cose? «La menopausa precoce è un evento patologico che non è ancora oggi del tutto chiarito. Gli attuali studi clinici e le revisioni scientifiche, al momento dicono che non vi sono evidenze sufficienti di un aumentato rischio di menopausa precoce, chiamato insufficienza ovarica primitiva, nelle donne con PKU. Se le donne vengono gestite con un controllo metabolico adeguato, sin dall’infanzia, mostrano un profilo riproduttivo simile a quello della popolazione generale», ha spiegato Savasi.

Parlando di gravidanza, durante PKU&Noi, è stato presentato PKU in Rosa, il progetto dell’Ospedale Buzzi di Milano pensato per le adolescenti in età fertile e le donne in gravidanza affette da fenilchetonuria, composto da un team multidisciplinare che offre a tutte le donne una corretta informazione sulle scelte riproduttive consapevoli, la gestione nutrizionale e clinica personalizzata, dalla dieta preconcezionale fino a quella della puerperio, e il counseling specialistico tramite un network di ginecologi e di figure professionali del team di malattie metaboliche ereditarie, oltreché un follow up della coppia mamma-bambino.

PKU&Noi2025 è visibile sul sito pkuenoi.it. È stato realizzato grazie al lavoro di 8 Associazioni Pazienti: AMMeC, A.P.M.M.C., Cometa ASMME, A.ME.GE.P. Domenico Campanella, IRIS Associazione Siciliana, Cometa Emilia-Romagna, AISMME, L’APE APS Associazione PKU e…. L’evento è stato organizzato da ATSTRAT, grazie al contributo non condizionato dei gold sponsor Vitaflo e PIAM, dei silver sponsor Biomarin e Cambrooke, PTC Therapeutics e ha ricevuto il patrocino dell’ISS, di UNIAMO e delle società scientifiche SIMMESN e SINUPE.


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